Tra le abitudini che sono cambiate nell’ultimo anno, c’è quella della colazione al bar. Il nuovo modo di vivere questo momento della giornata può rappresentare uno spunto per adeguare la propria offerta alle mutate esigenze dei consumatori.

La colazione nell'era del post-Covid - ZONA

A questo tema è stato dedicato uno dei Forum di Cibus Lab che ha analizzato i nuovi trend della prima colazione, con uno sguardo anche a ciò che accade all’estero.
Un’indagine condotta dall’Istituto Piepoli ha confermato che la colazione è un pasto importante per gli italiani: la fa regolarmente il 90 percento dei connazionali, soprattutto i giovani tra 18 e 34 anni. “Il 19 percento degli italiani – spiega Gabriele Conigliaro, responsabile Area Nord di Istituto Piepoli – ha dichiarato di aver modificato le abitudini della prima colazione a causa dell’emergenza Covid. In particolare ha cambiato menù, dedica più tempo alla colazione, e soprattutto fa colazione a casa anziché al bar. In termini assoluti si tratta di 8-9 milioni di italiani che hanno cambiato abitudini, un numero importante”.
Il menù è variato diventando più salutare, meno abbondante. Gli italiani tendono a prediligere la qualità rispetto alla quantità per iniziare la giornata con il piede giusto. “Il 44 percento di chi ha cambiato abitudini – sottolinea Conogliaro – dichiara che le manterrà anche nel post emergenza. Un’altra considerazione interessante è che per la grande maggioranza degli italiani (92 percento) la colazione è dolce”.
Se la prima colazione al bar soffre, il comparto guadagna nel retail, con l’aumento dei consumi domestici. “Il comparto della prima colazione – afferma Daniela Tazzer, IRI client service senior manager – ha sviluppato nel 2020 oltre 10 miliardi di euro e cresce del 6 percento in valore. Tutte le categorie che ne fanno parte sono coinvolte nella crescita”.
Infatti, dopo un 2019 stabile, nella prima fase di lockdown si è assistito a crescite rilevanti, in concomitanza con le misure prese per contrastare l’emergenza sanitaria, che ha imposto il consumo casalingo. “Durante il lockdown – precisa – il mercato è cresciuto del 14,8 percento. Con l’apertura, in Fase 2 di alcuni esercizi e attività, la crescita ha rallentato, tendenza confermata nella Fase 3, corrispondente al periodo estivo, in cui molto consumatori sono tornati alla normalità del consumo fuori casa. Da fine ottobre la crescita è ripresa”.
Guardare al retail come potenziale canale di vendita può essere una scelta di differenziazione anche per le aziende storicamente focalizzate sul canale Horeca. E’ il caso di San Giorgio. ”Siamo fortemente orientati al canale Horeca – dice Marco Ciron, direttore commerciale dell’azienda di surgelati campana – e i prodotti per la prima colazione rappresentano il 74 percento del nostro fatturato. Nel 2021 cominceremo a guardare anche fuori dal nostro canale principale, con una proposta rivolta alla grande distribuzione, sia in Italia che all’estero. Siamo già presenti in gdo nel reparto pasticceria dove offriamo prodotti da forno surgelati in confezioni professionali, ma abbiamo pianificato il lancio di novità per la prima colazione e prodotti salati adatti anche alla gdo. Cominceremo con i cornetti in busta e le sfogliatelle campane. Sono prodotti che già esportiamo, e che avranno ancor più successo anche all’estero se potranno essere inseriti nel canale retail. Già ora sono presenti in alcune catene in Stati Uniti e Canada”.
Nell’incontro, infatti, è stata date voce anche ad alcuni operatori del retail internazionale. Dalle loro voci è emerso come i prodotti italiani abbiamo un’ottima reputazione in Arabia Saudita, dove bio e “free from” stanno crescendo nel comparto prima colazione, una tendenza sentita anche in Germania. Negli Stati Uniti, invece, queste caratteristiche hanno meno peso: contano di più il prezzo e le strategie promozionali.
Per competere sul mercato cinese, infine, i prodotti italiani dovrebbero puntare molto sul packaging design, che può essere di grande stimolo alle vendite.


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