Sono tra i molluschi più apprezzati dai consumatori e , di riflesso, tra i prodotti ittici più richiesti dai ristoratori.
Stiamo parlando dei calamari!

Commercialmente parlando fanno parte del cosiddetto “mollame” e sono fra i molluschi più apprezzati e pregiati che arrivano sulle tavole dei ristoranti. Stiamo parlando dei calamari, cefalopodi composti da una massa corporea tubiforme ricoperta dal cosiddetto “mantello” variamente puntinato, ai cui lati si trovano due pinne simili ad ali; il tutto termina nel capo, dove si trovano gli occhi, il becco e 8 braccia e 2 tentacoli. Proprio le due “ali” laterali sono fra gli elementi che facilmente consentono di distinguere i calamari dai totani, meno pregiati dal punto di vista gastronomico, con quotazioni di prezzo inferiori: in quest’ultima specie infatti le pinne laterali sono solo sulla parte finale del corpo, all’estremità opposta del capo (e quindi non sui lati, come accade nei calamari).

Calamari int 2Va sottolineato che il grosso della produzione commercializzata nel nostro Paese non è pescata nel Mediterraneo: secondo ImpresaPesca Coldiretti (dati gennaio 2013) il 70% dei prodotti ittici consumati in Italia è di origine estera. Vale quindi la pena di conoscere più a fondo questo prodotto nelle sue varie provenienze extra mediterranee, per conoscerne meglio qualità, caratteristiche e fare acquisti consapevoli. Date le distanze dai mari di pesca ai nostri mercati, stiamo ovviamente prendendo in considerazione il prodotto surgelato o congelato, che la Cooperativa Italiana Catering seleziona da fornitori qualificati. Dice Maximiliano Sbrugnera di Tre Esse di Latisana (Ud, www.treessecatering. com), socio Cic con una forte specializzazione nel settore ittico: «Ladifferenza più importante per quanto riguarda i calamari è la provenienza, che a sua volta è legata alla qualità. Il prodotto che arriva dal mare Mediterraneo è a mio avviso il migliore, purtroppo si tratta di una produzione limitata che non è in grado di soddisfare le necessità del mercato nazionale e della ristorazione. Per questa ragione ci si rivolge al pescato di altri mari, che presenta delle differenze organolettiche significative. Sono i mari freddi che danno i calamari migliori, seguiti poi dai prodotti che giungonodai mari di climi temperati. Qualunque sia l’origine e il mare in cui è stato pescato, è bene sapere che i calamari surgelati si possono trovare in blocco o in Iqf: nel secondo caso significa che il prodotto è stato conservato sulle navi. Arrivato a terra, viene pulito e lavorato, per poi subire la surgelazione pezzo a pezzo, per l’appunto la cosiddetta Iqf (Individually Quick Frozen): l’operazione solitamente è fatta a terra, perché sono poche le cosiddette “navi fattoria” attrezzate per effettuare queste operazioni già in mare». Ciò detto, questo non significa che il prodotto surgelato sia di minore qualità, perché anzi in alcune specie come i molluschi, specie se di grandi dimensioni, questo passaggio contribuisce a dare una maggiore morbidezza dopo la cottura. «Per quanto ci riguarda – prosegue Sbrugnera – lavoriamo con clienti nella zona del nord-est Italia e da anni abbiamo una forte richiesta di calamaro thailandese o della Patagonia, un mare più freddo. Il prodotto arriva in buone quantità, già pulito e in varie pezzature. La resa nel piatto è fondamentalmente la medesima qualunque sia l’origine, la differenza sta nel fatto che i calamari e più in generale il pesce pescato nei mari caldi ha un sapore meno spiccato e con una delicata tendenza al dolce rispetto a quello dei mari freddi, che risulta più sapido». La maggior richiesta della sua clientela? «Il calamaro dalla Patagonia già pulito e tagliato che ci arriva da un fornitore spagnolo: un prodotto superiore e che offre un ottimo rapporto qualità/ prezzo e che molti nostri clienti stanno preferendo a quello thailandese».

Calamari int 3Giancarlo Nati di MitaBC di Roma (www.mitabc.com) – azienda che da oltre 25 anni opera sul mercato del surgelato italiano e mondiale, con una ricerca e sviluppo costante in tutte le aree di pesca del mondo – ha nel suo portfolio calamari di varia provenienza (Thailandia, Indonesia, India, Vietnam, Cina) e tipologia (puliti e non) – spiega: «In generale prezzo e qualità vanno a braccetto. Normalmente il ristoratore sceglie il calamaro pulito per maggiore rapidità e facilità di utilizzo, anche se ci sono alcune zone d’Italia in cui si preferisce il calamaro da pulire, perché dà una maggiore sensazione di freschezza. In una classifica delle preferenze del ristoratore in testa a tutti ci sono i calamari thailandesi, morbidi e quindi molto apprezzati, seguiti da quelli della Patagonia e quelli indiani; a seguire quelli cinesi che risultano leggermente più duri rispetto ai precedenti. La pezzatura preferita riguarda due taglie in particolare: il formato da 5 calamari per chilo e quello da 10 per chilo. In genere il ristoratore acquista il prodotto surgelato in blocco a -40°C (e mantenuto a -18°C), che presenta una glassatura che può oscillare dal 20 al 30%, di cui una parte è costituita dall’acqua di protezione, un’altra è costituita dagli umori interni degli stessi calamari. Il consiglio: per scongelarli basta metterli sotto l’acqua fresca corrente, il prodotto non ne risentirà assolutamente e lo scongelamento sarà più rapido».



La preparazione e la pulizia del prodotto hanno una grande importanza, tanto quanto la sua qualità

Tre classiche pezzature di calamari per la ristorazione disponibili sul mercato
Tre classiche pezzature di calamari per la ristorazione disponibili sul mercato

intrinseca. Spiega PaoloCariglino, direttore commerciale della Cariglino di Gizzeria (Cz), azienda che si occupa di import-export non solo di prodotti ittici, in cui è specializzata, ma anche di commercio e rivendita all’ingrosso di innumerevoli prodotti alimentari: «I calamari sono fra i prodotti ittici più venduti in ristorazione, in particolare il calamaro europeo, il loligo vulgaris. Ovviamente ci sono prodotti di vario tipo, che ogni ristoratore seleziona in base al proprio target e alla propria fascia di prezzo. Per esperienza noto che, in genere, la fascia alta di ristorazione preferisce dei calamari non puliti, dallo spessore della polpa piuttosto alta; il target di ristorazione medio si rivolge invece verso prodotti già puliti, che consentono la riduzione del tempo-lavoro. In generale il calamaro da pulire ha uno scarto attorno al 35% circa fra osso cartilaginoso interno, interiora, becco, occhi. Va specificato che la pulizia dei calamari a livello industriale non è fatta spellando manualmente il calamaro, ma siutilizzano degli additivi, che eliminano il “mantello” e sbiancano la carne. Come tutti i prodotti alimentari, sono soggetti sia a controlli documentali sia a controlli a campione, per verificare la corrispondenza di prodotto, peso, etichetta, provenienza, certificato di cattura. I controlli a campione comportano invece delle vere e proprie analisi chimico-fisiche, per verificare l’eventuale presenza di solfiti, di metalli pesanti, la corretta conservazione, la percentuale di glassatura ecc. Di certo più un calamaro è bianco più ha subìto una maggiore esposizione agli additivi (peraltro consentiti)». A questo punto, fatte le scelte più consone, la parola spetta al cuoco e alla sua capacità di esprimere al meglio il prodotto con le sue personali ricette.

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